mercoledì 6 dicembre 2017

(Mt 7,21.24-27) Chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli.

VANGELO
(Mt 7,21.24-27) Chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
Parola del Signore



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Signore mio, aiutami con il tuo Santo Spirito a leggere la Tua parola e a viverla nel mondo d’oggi, come Gesù duemila anni fa, voglio vivere solo con Te e di Te.
Ascoltami e Così sia.


- Gesù ci mette in guardia da una cosa molto importante, non basta l’apparenza per entrare nel regno di Dio. Per vivere in pieno la fede, infatti, perché sia salda e non cada alle prime intemperie, bisogna capire e vivere la parola di Dio. È inutile pronunciare con la bocca per esempio, una preghiera per i poveri, se poi quando ci passano accanto ci giriamo dall’ altra parte schifati, non serve far vedere quanto si è bravi cristiani, ma occorre essere bravi cristiani, perché altrimenti alla prima tentazione forte, crolliamo. La fede che Gesù c’ invita ad avere è fondata sulle solide basi dell’ amore che ci lega a Dio, ed è una cosa bellissima confidare, affidarsi, condividere la propria vita con Lui. Troppo spesso noi preferiamo affidarci agli uomini, al politico potente, al personaggio pubblico e mettiamo Dio sul comodino, come un abat jour da accendere nel momento del bisogno. Questo è quanto di più sbagliato possiamo fare perché Gesù è la luce che deve illuminare i nostri passi, la sua parola la via da seguire; il nostro cuore deve spogliarsi delle cose del mondo e appartenere totalmente a Dio. Non è facile la via che il Signore ci indica, ma dobbiamo continuare a provare la via della perfezione, dobbiamo seguire la parola di Dio, perché quello che è scritto nelle sacre scritture, solo se praticato, renderà salda la nostra fede. Vivere il mondo e la nostra stessa vita, comunicando al Signore, la nostra accettazione di Figli Suoi, consapevoli di essere stati creati per amare quello che Lui ha creato per noi e per amarci l’ uno con l’ altro. Non dobbiamo pensare di essere da soli, di dover fare cose impossibili, ma solo di chiedere al Signore la forza e la grazia necessarie per vivere cercando il più possibile di capire che l’ amore che Dio ha riposto in noi, che il fatto di essere un solo corpo con Cristo, ci saprà condurre sempre sulla strada giusta.
COMMENTO DI:
Rev. D. Antoni ORIOL i Tataret
(Vic, Barcelona, Spagna)
Oggi la parola evangelica ci invita a meditare seriamente sull’infinita distanza che esiste, quando si tratta del messaggio e della persona di Gesù, tra il semplice “ascoltare-invocare” e il “fare”. E diciamo “semplice” perché non possiamo dimenticare che esistono modi di ascoltare o invocare che non implicano il fare. In effetti, tutti coloro che – avendo ascoltato l’annuncio evangelico, credono, non rimarranno confusi; e tutti coloro che, avendo creduto, invocano il nome del Signore, si salveranno: lo spiega San Paolo nella lettera ai Romani (v. 10,9-13). In questo caso si tratta di quelli che credono con fede autentica, quella che «opera mediante la carità», come scrive ancora l’Apostolo.
Però è un fatto che molti credono ma non operano. La lettera di San Giacomo Apostolo lo denuncia in modo impressionante: «Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi» (1,22); «Così anche la fede, se non ha le opere, è morta in sé stessa» (2,17); «Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta» (2,26). È ciò che sottolinea, in modo indimenticabile, anche San Matteo, quando afferma: «Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (7,21).
È pertanto necessario ascoltare e compiere, è così come costruiamo sulla roccia e non sulla sabbia. Ma come adempiere? Chiediamocelo: Dio e il prossimo sono costantemente nei miei pensieri –sono credente per convinzione? In quanto alle risorse: condivido i miei beni con spirito di solidarietà? Riguardo alla cultura: contribuisco a consolidare i valori umani nel mio paese? nell’aumento del bene comune: eludo il peccato di omissione? Nell’apostolato: cerco la salvezza eterna di coloro che mi circondano? In una parola: sono una persona sensata che, con i fatti, edifico la casa della mia vita sulla roccia di Cristo?

martedì 5 dicembre 2017

(Mt 15,29-37) Gesù guarisce molti malati e moltiplica i pani.



VANGELO DI MERCOLEDì 6 DICEMBRE 2017
(Mt 15,29-37) Gesù guarisce molti malati e moltiplica i pani.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.
Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.
Parola del Signore 


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
O Santo Spirito di Dio, aiutami, fa che quello che tu vuoi, si possa comprendere a chi legge le scritture, e aiutami ad aggiungere le briciole della tua sapienza a chi legge queste righe, perché tutto sia comprensibile anche a noi che siamo gli ultimi dei tuoi servi inutili. Te lo chiedo per Gesù Cristo nostro Signore…. grazie. Amen.
Questa pagina del vangelo, nella versione di Luca, l’ abbiamo trovata nel giorno del corpus Domini, quindi in uno dei tempi forti della liturgia. È un testo che ci fa vedere cosa intende Gesù per “condivisione”, che mette l’ accento su alcune piccole cose che potrebbero passare inosservate, ma che invece sono essenziali. Gesù è con il suo popolo, guarisce coloro che si sono radunati nel suo nome, e si preoccupa della loro stanchezza, del loro dover tornare a casa … Non può e non sa essere indifferente ai loro bisogni fisici, mentre i suoi discepoli invece, cercando di prevenire il problema, vorrebbero rimandarli a casa per tempo, (dal vangelo di Luca: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».) Proprio a loro Gesù chiede di usare tutto quello che avevano, di portarlo davanti a Lui perché lo benedica e di distribuirlo alla folla. Affidare al Signore le nostre povere forze, così come lui affida ai suoi discepoli il suo popolo, uno scambio di fiducia che deve essere reciproco, per essere concreto. Pensiamo che Gesù, pur essendo di natura Divina, non considerò se stesso un tesoro geloso, ma si spogliò divenendo servo per noi uomini, fino all’ estremo sacrificio della morte sulla croce. Pensiamo a quelle braccia aperte e abbracciamo il suo corpo, nutriamoci di Lui con tutto il rispetto e la devozione, chiediamo di vincere con Lui il nostro egoismo, portiamo con noi verso quell’ ostia i nostri fratelli, gli ammalati, i lontani, i deboli, ma in modo speciale, preghiamo Gesù per quelle mani consacrate che ci stanno offrendo il suo corpo e il suo sangue … Amiamo i nostri sacerdoti e la nostra Chiesa, preghiamo per loro. Non è facile vivere la carità, la condivisione, non sentiamoci santi, perché tutti nel nostro piccolo potremmo fare molto di più, ma la paura del domani spesso spezza le ali della carità; l’idea che quello che possiamo fare è inutile, perché non risolve i problemi del mondo, è una molla che scatta e toglie le ali alla speranza. Gesù c’ invita a prendere il poco che abbiamo ed a condividerlo con i fratelli, ci chiede di affidarci a Lui e come provò compassione per la folla e non la lasciò tornare digiuna alla loro vita, così anche noi potremo vivere con lui e di Lui, da ora e per sempre. È così facile sedersi sulle comodità, rilassarsi e poi diventare gelosi di tali beni e non volerli dividere con nessuno....Quando i poveri, gli afflitti, quelli che cercano di sopravvivere alla fame e all'ingiustizia, bussano alle porte dell'Italia, noi siamo spinti dall'egoismo e dalla paura a vedere solo il lato negativo della cosa; a vedere tutti come dei fanatici islamici assetati di sangue, come gente che ci ruba il pane ed il lavoro. Sono fratelli scomodi, hanno bisogno di tutto e noi abbiamo così poco, ma noi siamo gli stessi che non riescono a non sentire una morsa dentro quando vediamo in tv i bambini africani che muoiono di fame, noi siamo gli stessi che rabbrividiscono quando sentiamo che in India le bambine vengono violentate ed uccise.... noi siamo le mani che Gesù vuole usare per combattere l' egoismo e l'indifferenza. Proviamo ad affidare i bisogni di chi chiede aiuto al Signore, e Lui ci renderà capaci di tutto il bene del mondo e ci restituirà.
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COMMENTO DI :

Rev. D. Joan COSTA i Bou
(Barcelona, Spagna)
Oggi contempliamo nel Vangelo la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Molta gente —commenta l’evangelista Matteo— «si radunò» (Mt 15,30) al Signore. Uomini e donne che hanno bisogno di Cristo, ciechi, zoppi e malati di ogni genere, così come altri che lo accompagnano. Anche tutti noi abbiamo bisogno di Cristo, della sua tenerezza, del suo perdono, della sua luce, della sua misericordia,… In Lui si trova la pienezza umana.
Il Vangelo di oggi ci fa renderci conto allo stesso tempo della necessità di uomini che portino altri uomini verso Gesù Cristo. Coloro che conducono i malati da Gesù affinché li guarisca, sono immagine di tutti coloro che sanno che l’atto di carità più grande con il prossimo è avvicinarlo a Cristo, fonte di Vita. La vita di fede esige, quindi, la santità e l’apostolato.
San Paolo ci esorta ad avere gli stessi sentimenti di Gesù Cristo (cfr. Fl 2,5). Il Vangelo ci mostra com’è fatto il cuore: «Sento compassione di questa folla» (Mt 15,32). Gesù non può abbandonare così le persone: stanche ed affamate. Cristo cerca l’uomo nella necessità ma finge di incontrarlo per caso. Quanto è buono il Signore con noi! E come sono importante le persone ai suoi occhi! Solo col pensarlo, il cuore umano si dilata pieno di gratitudine, di ammirazione e di un sincero desiderio di conversione.
Questo Dio fatto uomo, che tutto può e che ci ama appassionatamente, e di cui abbiamo bisogno in tutto e per tutto —«senza di me non potete nulla» (Gv 15,5)— ha paradossalmente bisogno di noi: questo è il significato dei sette pani e dei pochi pesci che userà per sfamare a una moltitudine di persone. Se ci rendessimo conto di come Gesù ha bisogno di noi, e del valore che ha per Lui tutto ciò che facciamo, per poco che sia, ci sforzeremo di corrispondergli con tutto il nostro essere ogni giorno di più.

lunedì 4 dicembre 2017

(Lc 10,21-24) Gesù esultò nello Spirito Santo.

VANGELO
(Lc 10,21-24) Gesù esultò nello Spirito Santo.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA.
Vieni Signore con il Tuo Santo Spirito a dare forma ai pensieri, vieni perché tutto da te dipende; vieni perché io conto su di te per capire; conto su di te per vivere; conto su di te per essere degna di vivere nel tuo regno.


Innanzitutto facciamo un passetto indietro per capire che cosa fa esultare Gesù e leggendo l’antefatto vediamo che è appena avvenuto l’incontro con i 72 discepoli mandati in missione, che felici gli raccontavano come, nel suo nome, avevano scacciato i demoni. Gesù gioiva di questo, ma ancor di più ringraziava il Padre perché questi discepoli, nella loro semplicità, avevano compreso di non essere loro gli artefici di tanti miracoli, ma solo strumenti di Gesù. Ci vuole coraggio per pensare questo, non è facile sentirsi strumenti di Dio, ed al tempo stesso, rimanere umili, dobbiamo tenere sempre presente che tutto dipende da Dio, ma spesso il nostro orgoglio ci fa diventare superbi.
Rispondere a Dio, accettare di essere partecipi al suo progetto, non è un’azione isolata, ma ha bisogno di farci sentire parte di un tutt’ uno, come ingranaggi di una stessa macchina che si intrinsecano l’uno con l’altro, a cui il Signore stesso dà ordine e forma.
L’amore che germoglia, cresce e si sviluppa nel nostro cuore infatti, non deve diminuire se il mondo intorno sembra rifiutarlo, ma anzi, ancor più deve crescere proprio perché più l’uomo si allontana, più ha bisogno di qualcuno che lo tenga stretto nel suo cuore per riportarlo al Padre. Plasmaci Signore, dacci forma, perché dalla terra ci hai creato, e a te solo dobbiamo la vita, siamo figli tuoi e possiamo essere degni di te, solo se amiamo come tu ci ami. Insegnaci a vivere a tua immagine e somiglianza, proteggici dal fango del peccato che vuole impedirci di risplendere della tua luce.
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COMMENTO DI:
Abbé Jean GOTTIGNY
(Bruxelles, Belgio)
Oggi leggiamo un brano del decimo capitolo del Vangelo secondo San Luca. Il Signore invia settantadue discepoli ai luoghi dove anche Lui doveva andare. Essi ritornano esultanti. Sentendoli raccontare del loro operato e delle loro gesta «Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra”» (Lc 10,21).
La gratitudine è uno degli aspetti dell’umiltà. L’arrogante considera che non deve niente a nessuno. Ma, per essere grati, è necessario essere capaci di riconoscere, in primo luogo, la propria piccolezza. “Grazie” è una delle prime parole che insegniamo ai bambini. «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli» (Lc 10,21).
Benedetto XVI, parlando dell’atteggiamento dell’adorazione, afferma che questo presuppone un «riconoscimento della presenza di Dio, Creatore e Signore dell’universo. È un riconoscimento pieno di gratitudine che emerge dal profondo del cuore e avvolge tutto l’essere, perché l’uomo può realizzarsi solamente adorando e amando Dio sopra ogni cosa».
Un’anima sensibile esperimenta la necessità di manifestare il suo riconoscimento. È la sola cosa che come uomini possiamo fare per corrispondere ai favori divini. «Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (1Cor 4,7). Naturalmente abbiamo bisogno di «ringraziare a Dio Padre, attraverso il Figlio, nello Spirito Santo; con la grande misericordia con la quale ci ha amati, ha avuto pietà di noi, e quando eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatto rivivere con Cristo, perché fossimo in Lui una nuova creazione» (San Leone Magno).

domenica 3 dicembre 2017

(Mt 8,5-11) Molti dall’oriente e dall’occidente verranno nel regno dei cieli.

VANGELO
(Mt 8,5-11) Molti dall’oriente e dall’occidente verranno nel regno dei cieli.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».
Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».
Parola del Signore 



LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni Spirito di Dio, donaci una fede forte e autentica in Gesù e guarisci tutte le nostre ferite. Allontana da noi ogni dubbio, paura e indecisione. Mostraci le nostre vocazioni e rendici disponibili e generosi nel realizzarle. Apri i nostri occhi alla comprensione della tua parola e donaci la luce per capire quello che Tu vuoi che noi capiamo. A te ci affidiamo con fede, come il centurione si affidò a Gesù.
Spesso quando ci poniamo davanti al Signore, il nostro atteggiamento è incerto, dubbioso, e non assomiglia per niente a quello del centurione di questo brano narrato da Matteo, anzi, sembra quasi che siamo noi gli esseri superiori che si abbassano al livello di un Dio che troppo spesso mettiamo in discussione, nel quale non crediamo veramente… perché non ci accontenta subito, perché alla minima difficoltà lo mettiamo sotto accusa.
Non sento altro intorno a me che frasi del tipo: Dio non mi ascolta - Se Dio esiste perché….. - Proprio a me doveva mandare… - Ringrazio Dio di darmi la forza di non esplodere, di non arrabbiarmi, perché capisco il dolore di chi soffre, ma certe volte, quando percepisco in tutto questo, solo la provocazione, la stupidità di chi si sente superiore con la sua non fede, mi viene voglia di invitarli a fare un bagno nell’acqua santa, per liberarsi veramente dalla lebbra che hanno nell’anima.
È abbastanza frequente che si abbia di Dio un' immagine che non corrisponde alla realtà, anche gli ebrei parlano infatti di un Dio severo, geloso, che non perdona e quindi molto simile a loro caratterialmente.
Ma il centurione sente parlare di Gesù, che sembra veramente un ebreo diverso dagli altri, uno che non solo compie dei miracoli, delle guarigioni, ma che non disdegna di fermarsi per parlare ed accontentare anche gli ultimi e i lontani , quelli che per la fede ebraica erano tagliati fuori dalla loro cerchia di popolo eletto. Allora si fa coraggio e chiede ad alcuni anziani di chiedere per lui a Gesù di salvare il suo servo che stava molto male. L'uomo era stato caritatevole verso il suo servo, e con molta umiltà, quando Gesù stava andando da lui, gli dice che così come non si era ritenuto degno di chiedere lui stesso questa grazia, non si riteneva degno di ospitarlo in casa sua, ma che era sicuro che con una sua parola, il suo servo sarebbe guarito. Una fede così non poteva non colpire Gesù, che non aveva certo preconcetti, anche se aveva detto inizialmente di essere venuto solo per il popolo ebraico, ma da subito, non aveva rifiutato grazie a nessuno.
Quest'uomo era un comandante dell'esercito romano, quindi un pagano, che mai e poi mai si sarebbe sognato di avvicinarsi a Dio nel tempio degli ebrei, proprio perché questi tenevano la gente a distanza, considerando Dio una loro proprietà, un loro diritto.
Lui, che sa di non essere tra quelli che seguono Gesù, perché è preso dalla sua vita di soldato, dal considerarsi uno che ha potere, perché è comandante delle sue guardie, si rende conto, che tutto il potere terreno di cui dispone, non gli serve a nulla … e se ne accorge quando capisce di amare il suo servo e che vederlo soffrire lo fa star male a sua volta. È in quel momento che il suo cuore si apre e cerca l’aiuto di questo uomo buono di cui tutti parlano e non si aspettava che Gesù lo ascoltasse e subito intervenisse.
Allora si sente indegno di tanta grazia, di tanta accortezza, perché la sua casa non è degna di riceverlo, poi si rende conto che Gesù è veramente lì davanti a lui e sta accogliendo la sua preghiera. Non conosceva Gesù quel soldato, ma era disposto a credere, ad aprire il cuore, molto più di tanti figli di Israele che restavano duri di cuore e non volevano credere in Lui .
Gesù mette in risalto come aprirà le porte della nuova Gerusalemme a coloro che sono disposti a credere e lascerà fuori i duri di cuore, indipendentemente dalla loro origine terrena.
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COMMENTO DI:

Rev. D. Joaquim MESEGUER García
(Sant Quirze del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi, Cafàrnao è la nostra città ed il nostro popolo, dove ci sono persone ammalate, conosciute alcune, anonime altre, frequentemente dimenticate a causa del ritmo frenetico che caratterizza la vita attuale: colmi di lavoro, corriamo senza fermarci e senza pensare a quelli che, per malattia o altre circostanze, restano marginati e non possono seguirne il ritmo. Tuttavia, Gesù ci dirà un giorno: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Il grande pensatore Blaise Pascal raccoglie questa idea all’affermare che:«Gesù Cristo, nei suoi fedeli si trova dall’agonia del Getsemani fino alla fine dei tempi».
Il centurione di Cafàrnao no dimentica il suo servo prostrato nel letto, perché lo ama. Nonostante fosse più facoltoso ed avesse maggiore autorità del suo servo, il centurione gli è riconoscente per i suoi anni di servizio ed ha verso di lui un grande apprezzo. Perciò, mosso dall’amore, si rivolge a Gesù e, davanti al Salvatore, fa una straordinaria confessione di fede, accolta nella liturgia Eucaristica: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito» (cf Mt 8,8). Questa confessione si basa sulla speranza; sorge dalla fiducia posta in Gesù Cristo e, allo stesso tempo, pure dalla coscienza della propria indegnità personale, che l’aiuta a riconoscere la propria povertà.
Solo possiamo avvicinarci a Gesù Cristo con un atteggiamento umile, come quella del centurione. Così possiamo vivere la speranza dell’Avvento: speranza di salvezza e di vita, di riconciliazione e di pace. Solamente può sperare colui che riconosce la propria povertà ed è capace di accorgersi che il senso della sua vita non ha radici in sé stesso, ma in Dio, mettendosi nelle mani del Signore. Avviciniamoci dunque fiduciosi a Cristo, mentre facciamo nostra la preghiera del centurione.

sabato 2 dicembre 2017

MI BARCA - CORALE DI PALMI (SPAGNOLO - ITALIANO)

( Mc. 13,33-37) Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà.

VANGELO

( Mc. 13,33-37)  Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà.
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE 

PREGHIERA
Vieni Signore Gesù, restami accanto, perché come Tu sei fedele a me, io lo sia a Te nell'ora della prova.
Gesù ci torna a chiedere di vegliare e di pregare. Le prove che si succedono nel mondo sembrano sempre annunciare la fine dei tempi, ma ormai abbiamo capito che ognuno di noi ha solo il tempo della sua vita per prepararsi all'incontro e comparire davanti al figlio dell'uomo. Cosa vogliamo fare della nostra vita? Spenderla in bagordi? Farci trascinare dai vizi? Distruggere il nostro corpo svilendolo e disprezzandolo? Ma questi non sono i soli pericoli che possiamo incontrare, quello che mette a dura prova la nostra fedeltà al Signore è proprio quella croce che anche a Gesù mise addosso una grande angoscia. Stamattina parlando con un'amica che sta affrontando la prova della malattia in famiglia, io le ho detto :- prega, fino a consumare il rosario, prega incessantemente per avere non solo la grazia, ma prima di tutto, la forza di affrontare la prova. - Preghiamo fratelli, lo so che sono ripetitiva, ma senza preghiera, non possiamo fare molta strada, senza preghiera crolleremmo presto, senza preghiera, non cerchiamo il Signore, ma cerchiamo di farcela da soli, e da soli restiamo al palo, non andiamo da nessuna parte, se non tra le braccia del nemico.
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COMMENTO DI:

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench (Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
Oggi in questa prima domenica d’Avvento, la Chiesa comincia a percorrere un nuovo anno liturgico. Entriamo, perciò, in alcuni giorni di speciale aspettativa, rinnovazione e preparazione. Gesù avverte che ignoriamo «quando è il momento» (Mc 13,33). Se, in questa vita esiste un momento decisivo. Quando avverrà? Non lo sappiamo. Il Signore non volle neppure svelare il momento in cui accadrà la fine del mondo. Dunque, tutto questo ci guida verso un atteggiamento di attesa e di presa di coscienza: «fate in modo che, giungendo (...), non vi trovi addormentati» (Mc 13,36). Il tempo in questa vita è quello di donarsi affinché maturi la nostra capacità di amare; non è un tempo di divertimento. E’ un tempo di “fidanzamento” come preparazione a quello delle “nozze” nell’aldilà, in comunione con Dio e con tutti i santi. Ma la vita è un continuo `iniziare e reiniziare´. Il fatto è che attraversiamo molti momenti decisivi: forse ogni giorno, ogni ora ed ogni minuto può diventare un tempo decisivo. Molti o pochi però, -alla fine- giorni, ore e minuti, è lì il momento concreto, dove ci aspetta il Signore. «Nella nostra vita ed in quella di tutti i cristiani, la prima conversione –quel momento unico, che ognuno ricorda e nel quale si fece chiaramente quello che il Signore ci chiedeva- è importante; ma ancora più importanti e difficili sono le successive conversioni» (San Josemaría). In questo tempo liturgico ci prepariamo alla celebrazione del grande “avvenimento”: la venuta di Nostro Signore. “Natale”, “Nativitas”: volesse il Cielo che ogni giorno della nostra esistenza sia una “nascita” alla vita di amore! Forse risulterà che trasformando la nostra vita in un continuo “Natale” sia la forma migliore di non addormentarsi. Che la Nostra Santa Madre Maria vegli su di noi!

venerdì 1 dicembre 2017

(Lc 21,34-36) Vegliate, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere.

VANGELO
(Lc 21,34-36) Vegliate, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’ improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
Parola del Signore.






RIFLESSIONE DI LELLA

PREGHIERA: Vieni o Santo Spirito e illumina il mio cuore e la mia mente. Fa che oggi parola del Signore mi diventi chiara alla luce della tua sapienza, per Cristo nostro Signore. Amen.


Il brano che oggi Luca ci propone, è molto simile a quello che Matteo ed a quello di Marco; vengono detti sinottici, ossia simili. Vengono chiamati così perché se si mette il testo dei tre vangeli su tre colonne parallele, in uno sguardo d'insieme (sinossi) si notano facilmente molte somiglianze nella narrazione, nella disposizione degli episodi evangelici, a volte anche nei singoli brani, con frasi uguali o con leggere differenze. Gesù dice non ci è dato di sapere come e quando Lui tornerà, ma che dobbiamo prepararci a quel giorno, perché sarà il giorno in cui saremo giudicati, in base a come avremo vissuto. Per essere pronti a quel momento, quindi, dobbiamo essere vigili, coerenti e costanti nel nostro rapporto con il Signore, perché solo la Sua presenza nella nostra vita, ci mette al sicuro dagli attacchi del maligno e dalla tentazione di vivere una vita di peccato. Uno sarà preso e uno lasciato... in base a quale criterio non lo sappiamo, vediamo che nel mondo muoiono uomini buoni e cattivi, vecchi e giovani, uomini e donne, e questo, per quanto umanamente ci possa mettere in apprensione, ci deve far capire che il disegno del Padre per tutti noi figli, non è limitato come il nostro piccolo mondo, agli affetti più vicini, ma all'intera umanità. Per allargare i nostri orizzonti quindi viviamo come figli di Dio nel mondo, considerando la terra come una casa terrena messa a nostra disposizione e la nostra vita come un'opportunità per entrare a pieno diritto nella vita eterna offerta dal Padre. Viviamo cercando di uscire dal nostro concetto di umanità, che è sempre, purtroppo, molto limitato a quello che conosciamo, e cerchiamo di affidare tutto il nostro essere al Signore. Questo non significa non vivere, non farsi una famiglia, non lavorare ecc, ma farlo tenendo presente che siamo inseriti in un progetto più grande d'amore, e che per comprenderlo dobbiamo cominciare a viverlo già da qui. Parafrasando, cerchiamo di entrare nell'arca dell'alleanza per essere salvati. Evitiamo i contrasti, evitiamo di fare discorsi inutili che possono farci cadere in discussioni, preghiamo per chi si comporta male, per chi coltiva l'odio nel suo cuore, innaffiamo intorno a noi il seme dell'amore,della speranza, della giustizia.  Noi non siamo migliori di nessuno, neanche del più abietto degli uomini e non abbiamo il diritto di condannare gli altri, ma il dovere di amarli e pregare per loro. Oggi penso a quanto coraggio e quanto amore ha il Papa che si reca in Turchia, che è pronto ad offrire il dialogo a certi personaggi carichi d'odio e assetati di sangue; penso che è veramente difficile per un cristiano vivere in un contesto in cui rischia la sua vita e quella dei suoi familiari; penso che anche al tempo di Gesù molti sono morti per portare la sua parola... e che noi siamo capaci solo di giudicare e di fare i cristiani da poltrona, quelli che non vogliono rischiare di andare contro corrente e non vogliono rovinarsi le ginocchia per pregare. Penso tutto questo di me per prima,e spero veramente che il Signore mi salvi dal mettere alla prova la mia poca fede, o che mi aiuti a non perdermi prima di trovarmi davanti a Lui; Lui non ha tremato ed ha affrontato tutto questo anche per me. Non è il Battesimo, nè la Bibbia sul tavolo che ci salveranno, ma saremo giudicati per l'amore che sapremo donare, il Papa ha detto: Gratuità. Solo chi ha sperimentato tale gioia la può comunicare, anzi non può non comunicarla, poiché «il bene tende sempre a comunicarsi. … Comunicandolo, il bene attecchisce e si sviluppa» ( Evangelii gaudium , 9).

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 Rev. D. Antoni CAROL i Hostench
(Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

«Vegliate in ogni momento pregando»

Oggi, ultimo giorno del tempo ordinario, Gesù ci avverte con molta chiarezza sul destino del nostro passaggio in questa vita. Se ci impegniamo, ostinatamente, a vivere assorti nell'immediatezza degli affanni della vita, arriverà l’ultimo giorno della nostra esistenza terrena così repentinamente, che la stessa cecità della nostra avidità ci impedirà di riconoscere lo stesso Dio, che verrà (perché noi qui siamo di passaggio, lo sapevi?) per portarci alla intimità del suo Amore infinito. Sarà come ciò che succede a un bambino maleducato: così concentrato nei “suoi” giocattoli, che alla fine si dimentica dell’affetto dei suoi genitori e della compagnia dei suoi amici. Quando si rende conto, piange sconsolato per la sua inaspettata solitudine. L’antidoto che ci offre Gesù è ugualmente chiaro: «Vegliate in ogni momento pregando» (Lc 21,36). Vegliare e pregare... Lo stesso avviso che diede ai suoi Apostoli la notte in cui fu tradito. La preghiera ha un componente ammirabile di profezia, tante volte dimenticato nella predicazione vale a dire, di passare dal mero “vedere” al “guardare” la quotidianità nella sua più profonda realtà. Come ha scritto Evagrio Pontico, “la vista è il migliore di tutti i sensi; la preghiera è la più divina di tutte le virtù”. I classici della spiritualità la chiamano “visione soprannaturale”, guardare con gli occhi di Dio. Vale a dire , conoscere la Verità: di Dio, del mondo, di me stesso. I profeti furono , non solo coloro che “preannunciavano cosa sarebbe successo”, ma anche coloro che sapevano interpretare il presente nei suoi giusti termini, dimensione e densità. Risultato: sono stati in grado di ricondurre la storia, con l’aiuto di Dio. Tante volte ci lamentiamo della situazione nel mondo. –Dove andremo a finire?, diciamo. Oggi, che è l’ultimo giorno del tempo ordinario, è anche giorno di decisioni finali. Chissà sia arrivato il momento che anche qualcun altro sia disposto ad abbandonare la sua ebrezza di presente e si dia da fare per un futuro migliore. Vuoi essere tu? Allora, coraggio!, e che Dio ti benedica.

 

giovedì 30 novembre 2017

(Lc 21,29-33) Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.

VANGELO
(Lc 21,29-33) Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».
Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
O Spirito Santo, che distingui il vero dal falso, aiutami a riconoscerlo. Aiutami a capire gli insegnamenti che mi vuoi dare, non per i miei meriti, ma per Cristo, nostro Signore. Amen!
Nella fede che Dio ci chiede non ci deve essere disperazione, per questo ci fa notare la pianta del fico che germoglia. Quello che Dio ci invita ad avere è l’ attenzione, la perseveranza, l’ accortezza e la ricerca della verità, per essere vigili. La vigilanza è una delle cose che spesso viene sottolineata come richiesta da Gesù. Ogni seme fruttifica e matura di giorno in giorno, quando smette di crescere, di maturare, di allargare le sue braccia alla sorpresa, alla novità, al cambiamento, non ha in se più la vita.... è morto! Chi crede di sapere già tutto, di aver dato già tutto... perderà anche quello che ha; chi si sorprende, chi cerca, chi allarga le sue braccia ed il suo cuore al Signore, chi vive prendendo da Lui la linfa dell'amore,anche se non ha nulla, riceverà tutto in grazia e verità.
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COMMENTO DI:

Diácono D. Evaldo PINA FILHO
(Brasilia, Brasile)
Oggi, siamo invitati da Gesù a vedere i segni che si mostrano nel nostro tempo ed epoca e, riconoscere in loro la vicinanza del Regno di Dio. L’invito è perchè fissiamo lo sguardo sul fico e in altri alberi -«Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi» (Lc 21,29)- e concentrare la nostra attenzione su ciò che percepiamo che sta loro accadendo: «capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina» (Lc 21,30). I fichi iniziavano a germogliare. I germogli iniziavano a fiorire. Non era solo l’aspettativa di fiori e frutti che nascerebbero, è stata anche la predizione dell’estate, in cui tutti gli alberi “cominciano a germogliare”.
Secondo Benedetto XVI, “la Parola di Dio ci spinge a cambiare il nostro concetto di realismo”. Infatti, “realista è chi riconosce nel Verbo di Dio il fondamento di tutto”. Questa Parola viva che mostra l’estate come segnale di prossimità e di esuberanza della luminosità è la propria Luce: «Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino» (Lc 21,31). In questo senso, “adesso, la Parola non solo è udibile, non solo possiede una voce, ora la Parola ha un volto (...) che dunque possiamo vedere: Gesù di Nazaret” (Benedetto XVI).
La comunicazione di Gesù con il Padre è stata perfetta; tutto ciò che Egli ha ricevuto dal Padre, ce lo ha dato, comunicandosi nello stesso modo con noi. Così, la vicinanza del Regno di Dio, -che esprime la libera iniziativa di Dio che viene incontro a noi- deve muoverci per riconoscere la vicinanza del Regno, affinché anche noi possiamo comunicare con il Padre attraverso la Parola di Dio –Verbum Domini-, riconoscendo in tutto quello la realizzazione delle promesse del Padre in Cristo Gesù.

mercoledì 29 novembre 2017

(Mt 4,18-22) Essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.

VANGELO
(Mt 4,18-22) Essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.


+ Dal Vangelo secondo Matteo


In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.


Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Spirito di discernimento, aiutami a capire, spiegare ed assimilare la parola di Dio, fin nelle più profonde pieghe del mio cuore, perché il conoscere la parola sia anche riuscire a viverla intensamente. Te lo chiedo per l'amore misericordioso di Dio Padre, che tanto ci ama!
In questa pagina del vangelo si parla di Pietro ed Andrea, due fratelli chiamati da Gesù ad evangelizzare, a seguirlo e portare la lieta novella alle genti... due fratelli che hanno continuato l'opera di Gesù in due diversi posti; uno a Roma
( Pietro ) e l'altro a Costantinopoli ( Andrea ). Due chiese che ancora oggi sono divise, e purtroppo, non è la sola divisione tra i cristiani. Tutti salgono sulla torre di babele della divisione; nessuno cerca di andare incontro all'altro... eppure vogliamo tutti seguire Gesù, perché non proviamo ad essere più umili e a cercare di aiutarci a vicenda invece di continuare a trattare gli altri come dei nemici? Un aspetto che mi piace rilevare è come la chiamata del Signore possa arrivare quando meno te lo aspetti, quando magari sei preso da altre faccende, quando pensi di avere già una tua realizzazione nella vita. Da quel giorno ti accorgi che Gesù ti sconvolge, ti fa lasciare tutte quelle cose che pensavi ti dessero sicurezza, e ti fa partire per un'avventura senza programmi, senza schemi.... Ti farò pescatore d’uomini, dice ad Andrea e a Pietro e loro lo seguono senza aver minimamente idea di cosa potesse voler dire pescare uomini, se non una semplice analogia con il loro lavoro di pescatori di pesci e mentre cercavano ancora di capire, erano pescati e catturati da quest'uomo singolare che li trascinava fuori dalla loro vita. I pesci vivono nel mare e trarli fuori significa farli morire, ma morire a se stessi per vivere nel Signore, vuol dire nascere a vita nuova, vuol dire avere il coraggio di fare cose che da soli non potremmo né oseremmo mai fare, vuol dire spingerci a gettare le nostre reti là dove non penseremmo mai di farlo, vuol dire fidarsi di Gesù, ancora più di se stessi.
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COMMENTO DI:

Prof. Dr. Mons. Lluís CLAVELL
(Roma, Italia)
Oggi è la festa di Sant’Andrea apostolo, festa che viene celebrata solennemente dai cristiani della Chiesa di Oriente. Fu uno dei primi due giovani che conobbero Gesù sulla riva del Giordano e ad avere una lunga conversazione con Lui. Subito andò a cercare il fratello Pietro dicendogli: «Abbiamo trovato il Messia», e lo portò da Gesù (Gv 2,41). Poco tempo dopo, Gesù chiamò questi due fratelli pescatori e suoi amici, proprio come lo leggiamo nel Vangelo di oggi: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini» (Mt 4,19). Nello stesso villaggio c’erano altri due fratelli, Giacomo e Giovanni, compagni e amici dei primi due, e pescatori come loro. Gesù chiamò anche loro a seguirlo. È meraviglioso leggere come loro lo lasciarono tutto e lo seguirono “subito”, parola ripetuta nei due casi. Non si può dire a Gesù: “dopo”, “più avanti”, o ancora “adesso ho troppo lavoro”…
Anche a ognuno di noi –a tutti i cristiani– Gesù ci chiede ogni giorno di metterci al suo servizio con tutto ciò che siamo e abbiamo.; questo significa abbandonare tutto, non tenere nulla per noi, affinché, vivendo con Lui i nostri obblighi professionali, e famigliari, possiamo diventare “pescatori di uomini”. Ma cosa significa esattamente “pescatori di uomini”? Una buona risposta la può dare un commento di San Giovanni Crisostomo. Questo Padre e Dottore della Chiesa dice che Andrea non sapeva spiegare bene a suo fratello Pietro chi fosse Gesù, e per questo motivo «lo portò alla fonte della luce stessa» che è Gesù Cristo. “Pescare uomini” significa aiutare coloro che ci circondano, nella famiglia o nel lavoro, affinché si incontrino con Cristo, unica fonte di luce nel nostro cammino.

martedì 28 novembre 2017

(Lc 21,12-19) Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.


VANGELO
(Lc 21,12-19) Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza.
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Parola del Signore 


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e assistici; a me che rifletto sulla parola del Signore ed a chi la legge. Fa che la Tua forza, vada a toccare le corde del cuore di ognuno di noi, per Cristo nostro Signore. Grazie amen.
Sembra incredibile come Gesù ci chieda di seguirlo senza neanche addolcirci la pillola, non ci fa nessuna promessa di gioia e benessere materiali, ma continua a mettere in risalto le difficoltà che si incontrano nel seguirlo. La croce che aspetta Lui, aspetta anche noi, ma non ci lascia soli ad affrontare le difficoltà, sarà con noi in questa lotta e se ci affideremo a Lui, non ne saremo delusi.
I segni delle persecuzioni contro il popolo di Dio, ci sono sempre stati, molti sono i martiri che hanno pagato con il loro sangue la loro fede, ma questo non ci deve intimorire, perché quella che può sembrare una morte terrena , è solo l'inizio di una nuova vita.
A queste parole di Luca, possiamo aggiungere quelle di Marco " appena l’ inizio dei dolori di parto! " (Mc 13,8) che pur essendo molto dolorosi per la madre, non sono segno di morte, bensì di vita! Non sono motivo di timore, ma di speranza! Impariamo a fidarci di Dio, più di quanto ci fidiamo di noi stessi, dei nostri figli, dei nostri parenti e di ogni altro essere umano, considerando che le persecuzioni sono un' occasione per dimostrare al Signore la nostra fedeltà, infatti Gesù dice: - questo vi darà occasione di render testimonianza. -
Pensiamo al povero Giobbe che fu provato fino all' inverosimile ma si mantenne fedele, perché la persecuzione non va intesa solo come un atto di violenza, ma come un perseverare nella fede anche di fronte alle difficoltà. La cosa che ci stupirà, andando avanti nel nostro cammino di fede, sarà proprio scoprire come questa sfida al fianco del nostro Dio può essere eccitante, come sapere di essere dalla parte giusta, ci farà sentire forti, proprio quando ci sentiremo deboli, perché non saremo mai soli, ma Gesù vivrà con noi e guiderà ogni nostra battaglia. Se ci sentiamo sconfortati, se ci sentiamo indegni, pensiamo solo a quanto il Signore sa trasformare chi si lascia ricreare da Lui.... " che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi?"
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Rvdo. D. Manuel COCIÑA Abella
(Madrid, Spagna)
Oggi, riflettiamo su questa sentenza breve ed incisiva di nostro Signore, che penetra nell’anima e, al ferirla, ci fa pensare: perché è così importante la perseveranza? Perché Gesù fa dipendere la salvezza dall’esercizio di questa virtù?
Perché non è il discepolo superiore al Maestro -«sarete odiati da tutti a causa del mio nome» (Lc 21,17)- e, se il Signore fu segno di contraddizione, necessariamente lo saranno i suoi discepoli. Il Regno di Dio lo carpiranno quelli che si sacrificano, quelli che lottano contro i nemici dell’anima, quelli che combattono con coraggio questa “bellissima guerra di pace e di amore”, come gli piaceva dire a san Josemaría Escrivà, in questo consiste la vita cristiana. Non ci sono rose senza spine ed il cammino verso il Cielo non è un sentiero privo di difficoltà. Conseguentemente, senza la virtù cardinale della fortezza, le nostre buone intenzioni finiscono nella sterilità. E la perseveranza fa parte della fortezza: ci muove, concretamente, ad avere le forze sufficienti per sopportare con gioia le contrarietà.
La perseveranza, in grado sommo, la si ha sulla croce; perciò la perseveranza conferisce libertà all’ elargire il dominio di sé stessi per mezzo dell’amore. La promessa di Cristo è indefettibile: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.» (Lc 21,19) e questo è dovuto al fatto che ciò che ci salva è la Croce. E’ la forza dell’amore quello che da ad ognuno la paziente e gioiosa accettazione della Volontà di Dio, quando questa –come succede sulla Croce- contrasta, in un primo momento, con la nostra povera volontà umana.
Ma solo in un primo momento, perché poi viene liberata la traboccante energia della perseveranza che ci porta a capire la difficile scienza della Croce. Perciò la perseveranza genera pazienza che va molto più in là della semplice rassegnazione. Non ha inoltre niente a che vedere con atteggiamenti stoici. La pazienza contribuisce decisivamente a capire che la Croce, molto prima di essere dolore, è essenzialmente amore.
Chi ha capito meglio di tutti questa verità salvatrice è la nostra Mamma del Cielo; Lei aiuterà anche noi a comprenderla.

lunedì 27 novembre 2017

(Lc 21,5-11) Non sarà lasciata pietra su pietra.

VANGELO
(Lc 21,5-11) Non sarà lasciata pietra su pietra.


+ Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.


Parola del Signore




LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito del signore a fare nuove tutte le cose vieni e mostraci come interpretare la parola, i segni di cui il Signore ci parla, e più d’ogni altra cosa, insegnaci ad essere pronti per il giorno del giudizio. Fa che non vi preoccupiamo di salvare solo noi stessi, ma che siamo capaci come Gesù di rinunciare a noi stessi, per la salvezza dei fratelli. Grazie, amen.


Rivediamo oggi questo brano, in cui Gesù torna a parlarci di una distruzione in cui non sarà lasciata pietra su pietra, proprio come giorni fa, in cui parlava della distruzione del tempio del suo corpo e della sua resurrezione.
Sembra veramente che ci stia narrando tutto quello che viviamo in questo periodo, ma tra le sue parole c’è una importante rassicurazione: “ prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine. ”
Ci preoccupiamo di noi, della nostra famiglia e già ci sembra d’ essere buoni e giusti se arriviamo a temere il giorno del giudizio, se ci preoccupiamo di poter essere graditi a Dio.
Eppure non era questo che Gesù faceva, non si preoccupava di se stesso, né pregava solo per la sua famiglia, ma voleva e predicava per la salvezza di tutti i suoi fratelli, di tutti i figli di Dio.
Spesso si sente parlare della croce da portare, ma non si comprende bene il senso di questa croce, il suo senso più profondo che è quello dell’obbedienza.
Quante volte noi ci ribelliamo, rifiutiamo di accettare di essere feriti, o anche solo ripresi.... Quanto siamo lontani dall’ ubbidienza, dall’ umiltà.
Noi vogliamo affrontare il mondo a muso duro, torto o ragione,cerchiamo sempre di imporre le nostre ragioni... gli uni contro gli altri...tutti...e nessuno cerca di far pace, portare pace, conquistare la pace!
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COMMENTO DI:
Rev. D. Antoni ORIOL i Tataret
(Vic, Barcelona, Spagna)
Oggi, ascoltiamo meravigliati il severo avvertimento del Signore: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta» (Lc 21,6). Queste parole di Gesù si situano alle antipodi di una così chiamata “cultura del progresso indefinito dell’umanità” o, se si preferisce, di alcun leader tecnoscentifico e politicomilitare della specie umana, in inarrestabile evoluzione.
Da dove? Fino a dove? Questo non lo sa nessuno e non lo può sapere, ad eccezione, in ultimo termine, di una supposta materia eterna che nega Dio usurpando le sue qualità. Come cercano di beffarci coloro che rifiutano di accettare la precarietà e la limitazione che sono proprie della condizione umana!
Noi, discepoli del Figlio di Dio fatto uomo, di Gesù, ascoltiamo le sue parole e, assumendole le meditiamo. Ed ecco cosa ci dice: «Badate di non lasciarvi ingannare» (Lc 21,8). Ce lo dice Quello che è venuto a dar testimonio della verità, affermando che quelli che sono della verità ascoltano la sua voce.
E anche qui ci afferma: «Ma non è subito la fine» (Lc 21,9). Questo vuol dire, da una parte, che disponiamo di un tempo per la salvezza e che ci conviene approfittarlo; e, dall’ altra, che, in qualsiasi caso, verrà la fine. Sì, Gesù, «verrà a giudicare i vivi e i morti», così come lo professiamo nel Credo.
Lettori di Contemplare il Vangelo di oggi, cari fratelli e amici: alcuni versetti più avanti del frammento che ora commento, Gesù ci stimola e consola con queste parole che, in suo nome, vi ripeto: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (Lc 21,19).
Noi, dando una cordiale risonanza, con l’energia di un’inno cristiano della Catalogna, ci esortiamo l’un l’altro: «Perseveriamo, che con la mano tocchiamo già la cima!».

domenica 26 novembre 2017

(Lc 21,1-4) Vide una vedova povera, che gettava due monetine.

VANGELO
(Lc 21,1-4) Vide una vedova povera, che gettava due monetine.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio.
Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
Parola del Signore


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito, chinati con amore sulla mia povertà, perché come la povera vedova, io possa offrirti di me tutto quello che ho, tutta me stessa ora e sempre! Amen.
È stata appena proclamata la festa di Cristo re dell’ universo, in cui abbiamo messo Gesù al centro della nostra vita.... ma sicuramente stiamo già facendo altro!
I nostri desideri, le nostre priorità, umanamente comprensibili, spesso mettono
i nostri bisogni, anche quelli superflui, davanti ai bisogni degli altri, cercando tante scuse, plausibili o meno, per non fare quel gesto di misericordia verso i più bisognosi.
Non è solo una questione di elemosina, o di partecipazione alle opere della chiesa; è bene ricordare che le opere di misericordia sono quelle richieste da Gesù nel Vangelo (Matteo 25) per trovare misericordia (ossia perdono per i nostri peccati) ed entrare quindi nel suo Regno.
Nessuno è mai così povero da non poter donare un sorriso... portare una busta della spesa ad una persona anziana.
La povera vedova rappresenta la parte debole di una società che emargina chi è meno fortunato, e noi sappiamo che c'è anche chi vive proprio fuori dei margini, c'è chi ha fame, quella vera, quella che per la quale un pugno di riso rappresenta la sopravvivenza, ma noi siamo distratti da un altro tipo di mondo, quello sfavillante delle luci e degli addobbi che si prepara al Natale, siamo attirati dalle vetrine piene di bell'abbigliamento e di regali e se vediamo un barbone coperto di stracci, volgiamo lo sguardo altrove. Come siamo poveri Signore mio, abbiamo un animo arido ed impregnato del nostro egoismo, posa il tuo sguardo su di noi e trasforma il nostro piccolo cuore di pietra in un cuore di carne per imparare ad amare, per riempirci del tuo amore.
COMMENTO DI:
Rev. D. Àngel Eugeni PÉREZ i Sánchez
(Barcelona, Spagna)
Oggi, come quasi sempre, le piccole cose passano inavvertite: elemosine piccole, sacrifici piccoli, piccole preghiere (giaculatorie); ciò che però appare piccolo e senza importanza, molte volte, costituisce la struttura e anche la parte compiuta delle opere d’arte: tanto delle grandi opere d’arte come dell’opera massima della santità personale.
Per il fatto di passare inavvertite queste piccole cose, la loro rettitudine di intenzione è garantita: non cerchiamo con esse il riconoscimento altrui né cerchiamo la gloria umana. Solo Dio le scoprirà nel nostro cuore, come solo Gesù si accorse della generosità della vedova. E’ più che certo che la povera donna non fece annunciare il suo gesto con uno squillo di tromba, ed è anche possibile che si vergognasse e si sentisse ridicola di fronte agli sguardi dei ricchi, che gettavano grandi donativi nella cassetta delle elemosine del tempio pavoneggiandosi. Tuttavia, la sua generosità, che la portò a prendere forza dalla sua debolezza, nella sua indigenza, meritò l’elogio del Signore, che vede il cuore delle persone: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha donato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno dato come donativo parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha donato assolutamente tutto quello che aveva per vivere» (Lc 21,3-4).
La generosità della vedova, povera, è un buon insegnamento per noialtri, discepoli di Cristo. Possiamo dare molte cose, come i ricchi «che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio» (Lc 21,1), ma nulla di tutto ciò avrà valore se soltanto diamo “di quello che ci avanza”, senza amore e senza spirito di generosità, senza offrire noi stessi. Dice sant’Agostino: “ Essi osservavano le grandi offerte dei ricchi per le quali li lodavano. Anche se poi videro la vedova, quanti furono quelli che notarono quelle due monete?...Lei donò tutto ciò che possedeva. Aveva molto, perché aveva Dio nel suo cuore. È molto di più avere Dio nell’anima che oro nella cassaforte». E’ assolutamente certo che se siamo generosi con Dio, Lui lo sarà ancora di più con noi.

sabato 25 novembre 2017

(Mt 25,31-46) Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri.

VANGELO DI DOMENICA 26 NOVEMBRE 2017
(Mt 25,31-46) Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Parola del Signore





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA.
A Te o Santo Spirito mi rivolgo per capire quello che non posso capire, aiutami, secondo quello che tu ritieni giusto.
Leggendo questo brano non possiamo restare indifferenti pensando, come davanti a certe parabole, che Gesù parli in modo troppo semplice,di cose veramente difficili da attuare, come perdonare ed amare i propri nemici, tanto per fare un esempio.
Una vita non basta per imparare a vivere da cristiani, ma la nostra aspirazione dovrebbe essere quella di vivere imitando Cristo, quella di vivere già sulla terra da Santi, come il Santo di Dio, ma poiché il divario è troppo, spesso rinunciamo. Quello che però riusciamo a percepire è che la nostra vita da cristiani non finisce qui, non si ferma con la morte del corpo come un qualsiasi ingranaggio che si rompe e che si butta, ma ha in se qualcosa di più, qualcosa di santo, di divino, che ci permette di passare oltre. Quello che il Signore ci fa oggi , non è una proposta, ma un avvertimento.
Un avvertimento è un messaggio che ci avverte di un pericolo vero, che incombe, ed in questo caso quello che incombe è il giudizio finale che, sia che crediamo o no, toccherà a tutti. Come dico io, quando passeremo alla cassa a pagare il conto, non ci saranno sconti, non potremo dire nulla in nostra discolpa, che possa cambiare le cose, perché saremo davanti al Signore che conosce ogni cosa, e credo che allora avremo anche una piena coscienza del peccato.
Io penso che quando l' anima, si sarà staccata dal corpo, perderà quella terrena incoscienza, perdendo la parte mortale contaminata dal peccato di superbia, e si riconoscerà in tutta la sua innocenza, tanto che ogni peccato sarà come una macchia enorme sull' abito candido e sarà visibile anche a noi.
L’immortalità è stato sempre il sogno degli uomini, ma non è di questa immortalità che Gesù ci parla, ma dell’ immortalità dell’ anima e ci promette cieli nuovi e terra nuova, perché tutti quelli che muoiono in Adamo possano rinascere in Gesù ed in Lui risorgere.
Farci troppe domande non serve, bisogna imparare a conoscere Gesù Cristo, ascoltare la sua parola, e solo così potremo imparare a fidarci di Lui, perché senza fede, potremmo parlare di tante forme di vita, ma non potremmo mai comprendere il mistero dell’ eternità che ci dona solo Dio.
Però Gesù parla chiaramente anche di premio e di pena ed è chiaro che un Dio giusto, darà una pena giusta. Pertanto a colui che pecca mortalmente è dovuta la pena di essere totalmente escluso dal conseguire l’ ultimo fine.
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COMENTARIO DE:
P. Antoni POU OSB Monje de Montserrat
(Montserrat, Barcelona, Spagna)
Oggi, Gesù ci parla del giudizio finale. Con questa illustrazione metaforica delle pecore e delle capre, ci fa vedere che si tratterà di un giudizio d’amore. «saremo esaminati sull’amore», dice San Giovanni Della Croce.
Come dice un’altro mistico, San Ignazio di Loyola nella sua meditazione “contemplazione per raggiungere l’amore”, bisogna mettere l’amore più nelle opere che nelle parole. Il Vangelo di oggi è abbastanza illustrativo. Ogni opera di carità che facciamo, la facciamo allo stesso Cristo, «(...) perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 34-36). «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Questo passaggio evangelico, che ci fa toccare con i piedi per terra, mette la festa del giudizio di Cristo Re al suo posto. La regalità di Cristo è una cosa ben distinta dalla prepotenza, è semplicemente la regalità fondamentale dell’esistenza: l’amore avrà l’ultima parola.
Gesù ci mostra che il senso della regalità —o potestà— è il servizio agli altri. Egli affermò di se stesso che era Maestro e Signore, (cf. Gv 13,13), e anche di essere Re (cf. Gv 18,37). Però esercitò come maestro lavando i piedi ai discepoli (cf Gv 13, 4 ss) e regnò dando la sua vita. Gesù Cristo, regna prima da una umile culla e poi, da un trono molto scomodo, ossia, la croce.
Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Gv 19,19): ciò che l’apparenza negava era confermato per la realtà profonda del mistero di Dio, giá che Gesù regna sulla sua croce e ci giudica nel suo amore. «saremo esaminati sull’amore».

venerdì 24 novembre 2017

(Lc 20,27-40) Dio non è dei morti, ma dei viventi.

VANGELO
(Lc 20,27-40) Dio non è dei morti, ma dei viventi.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
Parola del Signore 


LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Ti prego Signore, di aiutarmi ad entrare con te nel mistero della vita dopo la morte, per vivere con te la resurrezione così come una figlia di Dio deve riuscire a vivere.
Tra ieri ed oggi, il Signore ci sta facendo intendere di smetterla di vedere le cose a modo nostro, e di considerare quello che è di qua, nella vita, in maniera totalmente diversa da quella che sarà oltre la vita.
Gesù veniva “avvicinato” dai sadducei che, poiché non credevano nella resurrezione, provocavano Gesù con domande sibilline, non per avere delle risposte, ma per metterlo in discussione come persona, non riconoscendo in lui il Messia atteso, mandato da Dio, Signore e Creatore di tutte le cose.
Tutto ha in se la vita, anche quelle cose che per noi hanno qui pochissimo senso, un filo d’erba o una goccia d’ acqua, perché tutto ha in se l’impronta di Dio. Dovremmo imparare ad apprezzare in ogni cosa Dio, a distinguere tra il rispetto e il disprezzo per la natura e a vincere in tutto la nostra ignoranza, che si vince con l'amore, la dove la sapienza non ci appartiene; amandoci e amando il mondo, uniamo cielo e terra.
Poi ... quando finalmente saremo di là, capiremo che l’amore che ci circonderà. conterà più di tutto.
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COMMENTO DI:

Rev. D. Ramon CORTS i Blay
(Barcelona, Spagna)
Oggi, la Parola di Dio tratta il tema capitale della risurrezione dei morti. Stranamente, come i sadducèi, neppure noi ci stanchiamo di formulare domande inutili e fuori posto. Vogliamo risolvere questioni dell’aldilà con i criteri di quaggiù, mentre nel mondo futuro tutto sarà diverso: «Quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dei morti, non prendono né moglie né marito» (Lc 20,35). Partendo da premesse sbagliate, arriviamo a conclusioni erronee.
Se ci amassimo di più e meglio, non ci risulterebbe strano che in cielo non ci sia l’esclusivismo dell’amore che viviamo quaggiù, totalmente comprensibile per la nostra limitazione, che ci rende difficile uscire dai nostri circoli immediati. Ma nel cielo ci ameremo tutti e con un cuore puro, senza invidie né diffidenze, e non solo verso il marito o la moglie, i figli o i consanguinei, ma verso tutti, senza eccezioni né discriminazioni d’idioma, di nazionalità, razza o cultura, perché l’«amore vero raggiunge una forza grande» (San Paolino di Nola).
Ci fa molto bene ascoltare queste parole della Sacra Scrittura che affiorano sulle labbra di Gesù. Ci fa bene, perché potrebbe succederci che, mossi da tanti fattori che non ci lasciano neppure il tempo di pensare, e, sotto l’influenza di una cultura ambientale che sembra negare la vita eterna, potremmo arrivare a sentirci presi dal dubbio riguardo alla risurrezione dei morti. Sì, ci fa molto bene che lo stesso Signore sia chi ci dice che c’è un futuro aldilà della distruzione del nostro corpo e di questo mondo passeggero: «Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: «Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe». Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui»» (Lc 20,37-38).

giovedì 23 novembre 2017

(Lc 19,45-48) Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.

VANGELO
(Lc 19,45-48) Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.
Parola del Signore 



COMMENTO DI:

P. Josep LAPLANA OSB Monje de Montserrat
(Montserrat, Barcelona, Spagna)
Oggi, il gesto di Gesù è profetico. Alla maniera degli antichi profeti, realizza un’azione simbolica, piena di significato con vista al futuro. Nel cacciare dal tempio i mercanti che vendevano le vittime destinate a servire come offerta e nell’evocare che «il mio tempio si chiamerà casa di preghiera» (Is 56,7), Gesù annunciava la nuova situazione che Lui veniva a istituire, nella quale i sacrifici di animali non avevano più spazio. San Giovanni definirà la nuova relazione cultuale come una «adorazione al Padre in Spirito e verità» (Gn 4,24). La figura deve lasciar posto alla realtà. San Tommaso d’Aquino diceva poeticamente: “Et antiquum documentum / novo cedat ritui” (che l’Antico Testamento ceda il posto al Nuovo Rito).
Il Nuovo Rito è la parola di Gesù. Per questo, San Luca ha collegato la scena della purificazione del tempio con la presentazione di Gesù predicando in esso ogni giorno. Il nuovo rito si centra nella preghiera e nell’ ascolto della Parola di Dio. Ma, in realtà, il centro del centro dell’istituzione cristiana è la stessa persona viva di Gesù, con la sua carne consegnata e il suo sangue versato sulla croce offerti nella Eucaristia. Anche questo San Tommaso rimarca religiosamente: “Recumbens cum fratibus (...) se dat suis manibus” (seduto a cena con i fratelli (...) dà se stesso con le proprie mani).
Nel Nuovo Testamento iniziato da Gesù non sono più necessari i buoi ne i venditori di agnelli. Lo stesso che «tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo» (Lc 19,48), noi non dobbiamo andare al tempio a sacrificare delle vittime, bensì a ricevere Gesù, autentico agnello immolato offerto per noi una volta per tutte (cf. Eb 7,27), e ad unire la nostra vita con la sua.
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LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Santo Spirito e guidaci verso la luce della parola.
La mia casa sarà casa di preghiera....
Quanto vorremmo che veramente la casa di Dio fosse solo preghiera, perché allora si che vedremmo ciò che opera Dio,ma siamo troppo indaffarati a mercanteggiare, e difficilmente impareremo a non farlo anche con le preghiere, che troppo spesso sono di richiesta e sempre meno di lode e ringraziamento.

mercoledì 22 novembre 2017

(Lc 19,41-44) Se avessi compreso quello che porta alla pace!

VANGELO
(Lc 19,41-44) Se avessi compreso quello che porta alla pace!
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Parola del Signore






LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito di Dio, e illumina il mio cuore e la mia mente, fa che la parola del Signore sia presente in tutto il suo significato, come tu vuoi. Per Cristo nostro Signore.
Quanta tristezza nel cuore di Gesù, quanto dolore, vedersi rifiutato, vedere che è tutto inutile, che non riesce ad entrare nel cuore degli uomini ed in particolar modo, in quelli del tempio, lo riempie d’angoscia. Non capiscono che non sarà nel tempio costituito tra le mura di Gerusalemme che troveranno la salvezza, perché, come tutto ciò che è materiale, sarà distrutto, ma in quello che sarà costituito dal suo corpo offerto sulla croce che non sarà mai distrutto, ma risorgerà dopo la morte.
Essere membra di quel corpo, vuol dire vivere con il Signore anche questa sofferenza per i fratelli che sì perdono, che si oppongono a Lui, che non riescono a vivere la salvezza che da Dio c’è proposta.
Non è rifugiandosi in una chiesa di mattoni che ci salveremo, ma vivendo in comunione con Cristo e con tutti i fratelli. Questo dobbiamo tenerlo presente, sempre, perché troppo spesso vediamo atteggiamenti di chiusura alla comprensione e alla carità, proprio da quelle persone che frequentano assiduamente il tempio e che invece di servire la comunità, amano essere considerati importanti, e questo è sintomo di estrema superbia.
Certi integralismi degli uomini, hanno allontanato i fedeli a loro affidati, come pecore ai pastori, dal cuore di Dio e non per rispetto al nome del Signore, ma per non voler perdere il potere e non saper vedere con quanto amore Dio è sceso tra i suoi figli e non sentire quanta e quale misericordia c’è nelle parole di Gesù che grazie alla sua Chiesa ci sono state riferite dagli evangelisti.
Mi sembra di leggere questa grande amarezza nel cuore di Gesù, quella di chi parla d’amore, cerca di salvarci e riceve solo ingiurie e ostilità, perché sembra quasi che noi uomini di tutti i tempi, non riusciamo a capire che in quello che il Signore ci dice, non c’è un desiderio di sottometterci al suo nome, ma di elevarci nel suo Spirito.
Senza di Lui noi siamo preda del nostro nemico, che ci può distruggere e solo con Gesù potremo salvarci, col suo aiuto. Ho spesso davanti agli occhi la scena dei due ladroni crocefissi accanto a Gesù, quello che rifiuta fino alla fine di riconoscere in Cristo il figlio di Dio e muore da solo e quello che salva la sua vita morendo con lui e dicendo semplicemente, ricordati di me, quando sarai in paradiso.
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COMMENTO DI:

Rev. D. Blas RUIZ i López
(Ascó, Tarragona, Spagna)
Oggi, l’immagine che ci presenta il Vangelo è quella di un Gesù che «pianse» (Lc 19,41) per la sorte della città eletta, che non ha riconosciuto la presenza del suo Salvatore. Conoscendo le notizie che si son avute negli ultimi tempi, ci risulterebbe facile applicare questo lamento per la città che è, allo stesso tempo santa e motivo di divisioni.
Ma, guardando più avanti, possiamo identificare questa Gerusalemme con il popolo eletto, che è la Chiesa, e –per estensione- con il mondo in cui questa deve compiere la sua missione. Così facendo, ci troveremo davanti a una comunità che, sebbene abbia raggiunto quote altissime nel campo della tecnologia e della scienza, geme e piange, perché vive circondata dall’egoismo dei suoi membri, perché ha alzato attorno a sé le mura della violenza e del disordine morale, perché scaraventa a terra i suoi figli, trascinandoli con le catene di un individualismo disumanizzante. Infine, quello che troviamo è un popolo che non ha saputo riconoscere il Dio che la visita (cf. Lc 19,44).
Tuttavia, noialtri cristiani non possiamo fermarci alle semplici lagnanze, non dobbiamo essere profeti di sventure, ma uomini di speranza. Conosciamo il finale della storia, sappiamo che Cristo ha fatto cadere le mura e ha rotto le catene: le lacrime che verte in questo Vangelo prefigurano il sangue con cui ci ha salvati.
Di fatto, Gesù è presente nella sua Chiesa, specialmente per mezzo di quelli che sono i più bisognosi. Dobbiamo riconoscere questa presenza per capire la tenerezza che Cristo ha verso di noi: è così eccelso il suo amore, ci dice sant’Ambrogio, che Lui si è fatto piccolo ed umile affinché noi possiamo diventare grandi; Lui si è lasciato stringere tra le fasciature di un bambino comune, perché noi siamo liberati dai lacci del peccato; Lui si è lasciato inchiodare sulla croce, perché noi possiamo essere enumerati tra le stelle del cielo...Perciò, dobbiamo essere riconoscenti verso Dio, e scoprire presente tra noi Colui che ci visita e ci salva.

martedì 21 novembre 2017

(Lc 19,11-28) Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?

VANGELO
(Lc 19,11-28) Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Parola del Signore.





LA MIA RIFLESSIONE
PREGHIERA
Vieni o Spirito di Dio e illumina la mia mente, metti la tua sapienza al mio servizio, perché io possa servirti.
Prima di tutto, dobbiamo considerare che i talenti che il Signore ci mette a disposizione, a volte non sono così chiari neanche a noi stessi, infatti, spesso facciamo della nostra vita un groviglio di cose senza senso, commettendo errori che ci portano a perdere gran parte del nostro tempo a rimpiangere quello che abbiamo perduto ed a commiserarci o arrabbiarci per quello che non abbiamo. Cominciamo a capire qualcosa sempre troppo tardi, e ad apprezzarci per quello che siamo, solo se ci guardiamo con gli occhi di chi ci apprezza per le nostre doti, ma spesso sono falsi apprezzamenti, rispetto a false doti. Quello che invece in questa parabola si vuole rilevare, è l’aspetto cristiano della cosa, quello che ci fa considerare, anche con nostro estremo disappunto, che noi non siamo niente e non abbiamo niente senza il nostro Dio.
Diamo per scontato che quello che abbiamo è nostro, che ci appartiene, ma non è vero, è tutto dono di Dio, perché la vita stessa è dono. Nella parabola dopo aver distribuito i doni, il nobile parte e lascia i suoi servi da soli per tornare ad esprimere il suo giudizio.
Ci chiediamo perché ad ognuno doni diversi; perché a chi più e a chi meno, ma nessuno di noi fa quella che è l’unica cosa giusta da fare: guardare al nostro dono. Vedere di far crescere quel seme che il Signore ha messo nel nostro cuore, semplicemente cercando di svilupparlo così come facciamo con tutti i nostri sensi, con tutta la nostra persona.
Impariamo ad usare la parola, ma non tutto quello che diciamo è uguale, e nessuno se ne meraviglia. Abbiamo la vista e sappiamo grazie a questa leggere, ma non tutti sappiamo leggere nello stesso modo.
Pochi giorni fa leggevo la storia di un grande attore che fu chiamato a leggere una pagina del vangelo e la lesse in modo perfetto, fermandosi nei punti giusti, con la giusta intonazione, ma quando toccò al piccolo prete di campagna, alla gente che ascoltava, quella pagina non riempì solo le orecchie, ma il cuore e i sentimenti vibrarono come corde di violino….
Il piccolo seme di figlio di Dio cresce in noi, cerchiamo di non farlo avvizzire, di non farlo soffocare dalla gramigna, cerchiamo di mettere tutto nelle mani di Dio, cominciando dalla nostra vita, saprà lui come farla fruttare.
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COMMENTO DI:
P. Pere SUÑER i Puig SJ
(Barcelona, Spagna)
Oggi, il Vangelo ci propone la parabola delle mine: una quantità di denaro che quel nobile distribuì tra i suoi servi, prima di partire per un paese lontano. Anzitutto consideriamo l’occasione che provoca la parabola di Gesù. Egli andava “salendo” a Gerusalemme, dove lo aspettavano la Passione e la Risurrezione. I discepoli «Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro» (Lc 19,11). Ed è in queste circonstanze quando Gesù propone questa parabola. Con essa, Gesù ci insegna che dobbiamo far fruttificare i doni e le qualità che Egli ci ha dato. Non sono “nostri” quindi non possiamo fare tutto ciò che vogliamo. Egli ce li ha lasciati per farli fruttificare. Quelli che hanno fatto fruttare le mine —più o meno— sono lodati e premiati per il suo Signore. É il servo pigro, che mise i soldi da parte in un fazzoletto senza farlo rendere, è colui che è rimproverato e condannato:
Il Cristiano, dunque deve aspettare —È chiaro!— il ritorno del suo Signore, Gesù. Però con due condizioni, se si vuole che l’incontro sia amichevole, la prima è allontanare la curiosità malsana di voler sapere l’ora del solenne e vittorioso ritorno del Signore. Verrà, disse in un altro momento, quando meno lo pensiamo. Via per tanto le speculazioni su questo! Aspettiamo con speranza, però in un’attesa fiduciosa senza curiosità malsana. La seconda è di non perdere il tempo. L’attesa dell’incontro e della fine gioiosa non può essere una scusa per non prenderci sul serio il presente. Precisamente, perché la gioia e il piacere dell’incontro finale sarà tanto migliore quanto maggiore sia l’ apporto che ognuno abbia messo per la causa del regno nella vita presente.
Non manca, neanche qui, la grave avvertenza di Gesù a quelli che si ribellano contro di Lui: «E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me» (Lc 19,27).

lunedì 20 novembre 2017

(Lc 19,1-10) Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

VANGELO
(Lc 19,1-10) Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.
+ Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».


Parola del Signore.


COMMENTO DI:


Rev. D. Enric RIBAS i Baciana
(Barcelona, Spagna)
Oggi, Zaccheo sono io. Questo personaggio era ricco e capo di pubblicani; io ho più di quanto abbia bisogno e forse molte volte agisco come un pubblicano e mi dimentico di Cristo. Gesù, nella moltitudine, cerca Zaccheo; oggi, in mezzo a questo mondo, cerca precisamente me: «Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5).
Zaccheo desidera vedere Gesù; non ci riuscirà se non si sforza e sale sull’albero. Tante volte vorrei anch'io vedere l’azione di Dio, ma non so se sono veramente disposto a cadere nella ridicolaggine agendo come Zaccheo. La disposizione del capo dei pubblicani di Gerico è necessaria perché Gesù possa agire; e se non si affretta, forse perderà l’unica opportunità di essere toccato da Dio e così di salvarsi. Forse ho avuto molte opportunità di incontrarmi con Gesù e no ho avuto il coraggio, di uscire di casa, di incontrarLo e di invitarLo ad entrare dentro di me, perché Lui possa dire anche di me: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lc 19,9-10):
Zaccheo lascia entrare Gesù in casa sua e nel suo cuore, sebbene non si senta troppo degno di tale visita. In lui, la conversione è totale: comincia con la rinuncia all’ambizione delle ricchezze, prosegue con il proposito di dividere i suoi beni e finisce determinando di fare giustizia, correggendo i peccati commessi. Forse Gesù mi sta chiedendo qualcosa di simile da molto tempo, io però non voglio ascoltarlo, faccio orecchie da mercante; ho bisogno di convertirmi.
Diceva san Massimo: «Non c’è nulla di più caro e piacevole a Dio come che gli uomini si convertano a Lui con un pentimento sincero». Che Lui mi aiuti oggi a farne una realtà.